Trend di mercato

Come la crisi delle materie prime impatta sulla food economy

  • La crisi delle materie prime si manifesta in diversi settori e colpisce anche la produzione di contenitori alimentari in vetro.
  • Pandemia, tensioni internazionali, caro energia e aumento del costo delle materie prime necessarie per la produzione, dipendenza dall’estero: il quadro è complesso e in costante evoluzione.
  • I prezzi del vetro sono aumentati di quasi il 50% nel 2022 e il nuovo anno si è aperto con un nuovo ritocco all’insù.
  • Secondo un’indagine indipendente condotta su scala europea, per 8 consumatori su 10 il vetro è un materiale che guarda al futuro: sicuro, sostenibile e riciclabile.
  • Negli ultimi tre anni, tra i vari materiali da imballaggio, il packaging in vetro è stato l’unico a registrare una crescita (dell’8%).

Caro, carissimo vetro

Scarsità di materie prime e prezzi alle stelle. È la situazione con cui molte imprese italiane devono fare i conti ogni giorno. Per una volta, non c’è distinzione tra settori e categorie d’impresa. La pandemia prima, le tensioni internazionali poi, hanno contribuito a delineare un quadro piuttosto complicato, peraltro in costante evoluzione. Una complessità che colpisce, frenandoli, anche prodotti e comparti che, invece, viaggerebbero ad alta velocità.
È il caso del vetro: ai consumatori piace, è sostenibile e la produzione è in costante aumento. Tuttavia, di recente, il prezzo della materia prima è stato più volte rivisto al rialzo, con strozzature lungo tutta la filiera. Colpa del caro energia, che in un settore notoriamente energivoro come quello del vetro, si è fatto e si fa sentire eccome. Ma anche dell’aumento del costo delle materie prime necessarie per produrre il vetro e di difficoltà logistiche. Già nel marzo dello scorso anno, gli analisti internazionali e le principali associazioni di categoria lanciavano l’allarme sulla crisi delle materie prime e sul rischio di scarsità di prodotti, con ripercussioni a cascata fino ai consumatori.

Tra aumenti e contromosse

È stato il comparto vitivinicolo a porre l’accento sulla questione, lamentando il forte aumento del costo delle bottiglie di vetro e la difficoltà nel reperire contenitori. Bottiglie, nel loro caso. Barattoli nel nostro. Già, perché anche noi di Versilfood, che al vetro affidiamo il compito di conservare il vero gusto della qualità, abbiamo dovuto fare i conti con la crisi delle materie prime.
Produrre vetro, oggi, costa di più e i rincari, evidenziano gli analisti, vengono distribuiti su tutta la filiera, fino al consumatore. In percentuale, dati Federvini, l’aumento nel 2022 è stato del 48% rispetto all’anno precedente, con 4 aumenti in 12 mesi. A questo è seguito un ulteriore +20% all’inizio del nuovo anno.
L’industria italiana dei contenitori in vetro, come evidenzia Assovetro¹, non sta a guardare. Le previsioni dell’industria del vetro italiana, tra il 2020 e il 2024, mostrano un trend in crescita. Sono previsti:

  • la messa in opera di nuovi forni di fusione;
  • un aumento della produzione di 500 mila tonnellate l’anno di packaging in vetro;
  • investimenti di 250 milioni di euro l’anno in impianti e macchinari.

Sicurezza e sostenibilità: un futuro da non svilire

Una sfida che si lega anche al tema della sostenibilità e della sicurezza alimentare, laddove il vetro gioca un ruolo da protagonista. Un materiale sicuro, sostenibile e riciclabile. A confermarlo è un’indagine indipendente commissionata dalla European Container Glass Federation (FEVE) per la piattaforma dei consumatori Friends of Glass². Per 8 consumatori su 10, il vetro guarda al futuro. Non è un caso che negli ultimi tre anni, tra i vari materiali da imballaggio, il packaging in vetro, dati Assovetro, sia stato l’unico a registrare una crescita (dell’8%).

LEGGI ANCHE: Il valore (non solo a parole) del packaging sostenibile

Il contesto internazionale

La crisi delle materie prime e l’aumento dei prezzi non toccano da vicino solo il vetro. La questione è più ampia: alla base, infatti, c’è la dipendenza dell’Italia (per circa il 90%) dalle importazioni di materie prime. La pandemia ha rivelato tutta la precarietà legata a questa dipendenza. Le aziende hanno iniziato a faticare per ottenere i materiali di base e, quando alla fine ci sono riuscite, hanno dovuto pagare prezzi elevati. Da qui si è innescata una spirale negativa che ha superato i confini dei singoli comparti produttivi. In sostanza, la ridotta disponibilità di alcuni prodotti ha fatto alzare costi e prezzi, mettendo in difficoltà le aziende.

A complicare un quadro non particolarmente roseo, c’è stato anche il fatto che l’Italia, come buona parte dell’Unione europea, dipende dall’estero anche per le cosiddette “materie prime critiche”. Vale a dire, i materiali strategici per l’economia, come oro, rame, bauxite (necessaria per l’alluminio), e carbonio, utilizzati in settori di alto valore o legati alla transizione energetica. Apparentemente sembrano lontani dal mondo del food. In realtà, in un sistema economico in cui comparti e produzioni sono interdipendenti, non c’è impatto su un settore che non generi conseguenze globali. Meno materie prime in arrivo, quindi, significa prezzi più alti per le aziende di trasformazione e, di conseguenza, produzione in calo. Produzione in calo significa minore disponibilità di beni per le aziende al centro della filiera e, come effetto finale, meno prodotti (e a prezzi più alti) per il consumatore.

Crisi delle materie prime: quali prospettive?

La domanda è: come uscire da una situazione di stallo e da una crisi delle materie prime che sta mettendo in difficoltà produttori, intermediari e consumatori? Un recente studio del Centro di ricerca interuniversitario in economia del territorio dell’Università di Milano-Bicocca si concentra sui fabbisogni del comparto produttivo in Italia. Gli esperti evidenziano tre strade per contribuire a ridurre la dipendenza dai fornitori extraeuropei, come peraltro indicato da Bruxelles. Nel dettaglio:

  • promuovere l’uso circolare delle risorse, cioè favorire quanto più possibile il riciclo dei materiali contenuti nei prodotti una volta consumati, trasformandoli da costo in risorsa;
  • sviluppare il cosiddetto urban mining, vale a dire il processo di recupero delle materie prime secondarie dai rifiuti riciclati.

Infine, la sfida è formulare azioni condivise e sostenute in ambito europeo per le materie prime strategiche per le economie nazionali.

 

NOTE
1 Il packaging del vetro in tempo di crisi
2 Per approfondire: Indagine commissionata da FEVE per Friends of Glass condotta nel 2022 tra più di 4.000 consumatori in 13 paesi europei, tra cui l’Italia

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