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- Il tartufo è da secoli considerato un ingrediente raro e prezioso, amato per il suo profumo inconfondibile e per la sua capacità di elevare ogni piatto a esperienza sensoriale.
- La storia del tartufo ha origini antichissime e leggendarie: secondo i miti greci e romani, sarebbe nato dall’unione di acqua, fuoco e fulmini divini.
- Dopo un lungo periodo di sospetto e oscurità nel Medioevo, il tartufo viene riscoperto nel Rinascimento e torna a essere celebrato nelle cucine delle grandi corti italiane.
- Nel 1831, il micologo Carlo Vittadini pubblica la Monographia Tuberacearum, dando inizio allo studio scientifico dei tartufi e alla nascita dell’idnologia.
- Il Tartufo Bianco d’Alba deve la sua fama internazionale alla visione di Giacomo Morra, che lo rese celebre nel mondo trasformandolo in un simbolo del Made in Italy gastronomico.
- Il mercato globale del tartufo è in costante espansione, sostenuto dalla domanda di alta cucina e dalla diffusione di prodotti gourmet come oli, burro, salse e formaggi al tartufo.
Radici profonde
Un tesoro che la terra custodisce con gelosia. Il tartufo è un mistero che affiora dal sottosuolo: un elemento raro e pregiato dai profumi intensi e dagli aromi persistenti.
Eppure, nonostante la sua fama globale, pochi conoscono davvero la storia del tartufo, un gioiello della natura (e della gastronomia) che, da secoli, seduce i palati e stuzzica la fantasia. Chi ha scoperto il tartufo? Da dove viene esattamente? Partiamo per un viaggio tra leggenda e realtà, scienza e sapori, alla scoperta delle sue radici più profonde.
Storia del tartufo: un colpo di fulmine divino
Le leggende più antiche raccontano che il tartufo nacque da… un colpo di fulmine. Non in senso poetico, ma proprio letterale: si narra che Zeus, dio dei cieli, avrebbe scagliato un fulmine contro una quercia durante un temporale. L’unione sacra tra acqua, terra e fuoco avrebbe dato origine al tartufo, frutto divino e sotterraneo.
Questa visione mistica si diffuse anche nell’antica Roma, dove il tartufo era considerato un dono degli dei, simbolo di forza e fertilità. Era cibo riservato a occasioni rare e servito nei banchetti più importanti, spesso legato a riti e cerimonie. Il suo profumo intenso e la difficoltà nel reperirlo lo resero fin da subito una prelibatezza misteriosa, riservata solo ai potenti dell’epoca.
Le prime apparizioni
La storia del tartufo s’intreccia con la storia e la cultura greco-romana. Il primo ad approfondirne lo studio fu Teofrasto, discepolo di Aristotele, che nel 300 a.C. lo descrisse proprio come frutto nato dall’incontro tra pioggia e tuono. Plutarco lo considerava un miracolo nato dall’unione tra acqua, fuoco e fulmine, mentre Nerone lo definì senza esitazioni “cibo degli dei”.
Autori come Plinio il Vecchio, Giovenale, Apicio e Galeno lo citarono spesso nei loro scritti: chi per lodarne il sapore, chi attribuendogli virtù curative. Galeno lo raccomandava addirittura come rimedio per una serie di malattie, utile per riequilibrare gli umori del corpo, e lo riteneva un potente afrodisiaco.
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Dal Medioevo al Rinascimento
Durante il Medioevo, il tartufo perse il fascino che aveva avuto nell’antichità. L’aura pagana che lo circondava, unita alla sua fama di afrodisiaco e al suo modo misterioso di crescere sottoterra, lo rese oggetto di sospetto. D’altronde, in un’epoca dominata dalla religione e dalla paura dell’ignoto, tutto ciò che evocava piacere, sensualità o magia veniva facilmente etichettato come pericoloso o peccaminoso.
È proprio in questo periodo che compare il termine “tartufo”, il cui significato racconta molto del clima di sfiducia che lo circondava. Il nome deriverebbe infatti da terrae tuber, poi volgarizzato in tufer, ovvero “escrescenza della terra”. Ecco spiegato perché si chiama tartufo. Un termine che richiama l’immagine di una tumefazione, qualcosa di irregolare o anomalo, quasi a suggerire che il tartufo fosse una deformazione della natura più che un suo dono. Non c’è da stupirsi, quindi, se fu per lungo tempo ignorato o addirittura evitato.
Con il Rinascimento, però, l’Europa riscoprì il sapere antico, e, con esso, i piaceri della tavola. In Italia, fu la famiglia dei Medici a riportare in auge il tartufo, elevandolo a simbolo di raffinatezza e rinnovata libertà culturale. Dai banchetti ecclesiastici ai convivi laici, il tartufo tornò a occupare un posto d’onore nei piatti dei potenti.
L’età moderna: tra scienza e prestigio
Nel XVIII e XIX secolo, il tartufo attraversa l’Europa sulle tavole dell’aristocrazia, diventando un vero e proprio simbolo di lusso e potere gastronomico. Anche Napoleone Bonaparte ne era affascinato. Il suo profumo inebriante conquista non solo le corti ma anche le penne dei letterati, che iniziano a celebrarlo nei loro scritti come emblema di piacere raffinato, sensualità e mistero.
È nel 1831, tuttavia, che si apre un nuovo capitolo fondamentale nella storia del tartufo: la scienza inizia finalmente a studiarlo in modo sistematico. Il merito va al micologo italiano Carlo Vittadini, che pubblica la Monographia Tuberacearum1, la prima grande opera di classificazione scientifica del tartufo. Con questo trattato prende forma l’idnologia, ovvero la disciplina che, ancora oggi, studia le origini, come nascono i tartufi e le diverse varietà.
Grazie a Vittadini, il tartufo assume anche un’identità formale: da lui derivano le denominazioni ancora in uso, come Tuber Melanosporum Vittad, Tuber Aestivum Vittad, Tuber Brumale Vittad. Fu lui a dare al tartufo una voce nella scienza, trasformandolo da creatura mitica a oggetto di studio e classificazione, pur senza mai togliergli il fascino che da sempre lo accompagna.
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Il tartufo d’Alba e la nascita di un’icona
Nel Settecento, il tartufo piemontese era già molto apprezzato dalle corti europee, ma è due secoli più tardi che nasce il mito del Tartufo Bianco d’Alba. A consacrarlo è Giacomo Morra, ristoratore visionario e autentico ambasciatore del gusto italiano, che nel 1933 viene incoronato dal Times di Londra come “re dei tartufi”.
Morra ebbe la geniale idea di inviare ogni anno un tartufo a una celebrità internazionale: da Harry Truman a Winston Churchill, da Joe Di Maggio a Marilyn Monroe. Ed è proprio grazie a questo gesto semplice ma potente, che il tartufo è diventato un simbolo globale di eleganza, lusso e italianità.
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Il tartufo oggi: mercato, tendenze e nuove frontiere
Oggi il tartufo è molto più di un ingrediente d’alta cucina: è un vero fenomeno gastronomico globale. Il suo mercato mondiale, valutato circa 1 miliardo di dollari nel 2024, è destinato a raggiungere i 2,3 miliardi entro il 20342, spinto da un crescente interesse per i prodotti gourmet e da un pubblico sempre più curioso e consapevole. Le nuove tecniche agricole, unite a una maggiore diffusione commerciale, stanno ampliando la disponibilità e stimolando l’innovazione del settore. Tra le principali tendenze di mercato:
- I tartufi neri dominano per la loro ampia disponibilità, versatilità e il caratteristico aroma terroso;
- I tartufi bianchi, più rari e pregiati, mantengono un’aura esclusiva e sono protagonisti nelle fiere di lusso e nella cucina stellata;
- altri tipi di tartufo offrono una via più accessibile a questo ingrediente, attirando un pubblico più ampio.
Infine, sempre più apprezzati, i prodotti infusi al tartufo, dai burri, ai formaggi fino ai condimenti, contribuiscono a portare il gusto e il profumo di questo “diamante della terra” anche sulle tavole di tutti i giorni, facendo dialogare tradizione e contemporaneità.
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Oltre la storia: come nascono i tartufi
Al di là di leggende e curiosità, dove ha origine il tartufo? Come tutti i funghi, anche il tartufo ha un ciclo vitale affascinante, che avviene sotto terra e segue fasi ben precise:
- tutto inizia dalle spore, contenute nella parte interna del tartufo (la gleba), che si disperdono nel terreno;
- queste si uniscono alle radici di alcune piante formando le micorrize, un legame utile per entrambi, che aiuta l’assorbimento delle sostanze nutritive;
- dalle micorrize nascono le ife, sottili filamenti che si intrecciano dando origine al micelio, la parte viva e invisibile del fungo;
- quando il micelio è maturo, sviluppa dei piccoli corpi fruttiferi che, crescendo, diventeranno tartufi.
Una volta maturi, i tartufi sprigionano un profumo intenso, capace di attirare animali selvatici che, cibandosene, spargono nuove spore nel terreno. Così, nascosto tra radici e foglie, il ciclo del tartufo ricomincia, silenzioso e perfetto.
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Eccellenza in tavola
Il tartufo è un ingrediente che trasforma il semplice in straordinario. Bastano poche lamelle, affettate sottilissime, per dare un’anima a piatti come tagliolini al burro, uova al tegamino, risotti e carpacci. Ma non finisce qui: questo ingrediente trova spazio anche in ricette più moderne, come tartare, creme di formaggio o salse gourmet.
Il suo aroma è potente ma elegante, il gusto inconfondibile: terroso, profondo, quasi ipnotico. Ogni varietà ha la sua personalità e il suo miglior abbinamento, ma tutte hanno un punto in comune: basta un assaggio per capire perché lo chiamano “diamante della cucina”. Che storia!
NOTE
1 Monographia Tuberacearum, Carlo Vittadini, 1831
1 Dimensione del mercato Tartufi: per prodotto, per forma, per applicazione, per canale di distribuzione, applicazione – Previsioni globali, 2025-2034, Global Market Insights (GMI), marzo 2025