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Cos’è il tartufo? Viaggio alla scoperta dell’oro della terra, tra caratteristiche e curiosità

  • Il tartufo, nonostante la forma “a patata”, è un fungo a tutti gli effetti. In particolare, è un fungo ipogeo: nasce e cresce, cioè, sottoterra.
  • Per il trasporto delle spore, il tartufo ha dovuto puntare sull’olfatto degli animali: derivano anche da qui il sapore e il profumo così caratteristici e intensi.
  • Che cos’è il tartufo: anatomia di un’eccellenza. Composto per 4/5 di acqua, ha un involucro esterno (peridio) che avvolge completamente il corpo fruttifero, proteggendo la gleba, ovvero l’insieme delle spore.
  • Il valore del tartufo sta anche nella sua rarità e nella difficoltà nel trovarlo. Dall’università per cani da tartufo al divieto di utilizzo dei maiali per la cerca: curiosità sull’oro della terra.
  • In Europa, il tartufo ha le sue patrie d’elezione in Italia e in Francia, grazie al clima temperato. Tuttavia, la geografia si è allargata e arriva fin nel Sahara.

Un fungo… senza ombrello

In passato, c’era chi diceva fosse parente delle patate. Chi sosteneva facesse parte delle radici commestibili, come il rafano. Chi, ancora, riteneva fosse un familiare un po’ più corpulento della “penicillina” che insaporisce il Gorgonzola. Tubero, radice o muffa commestibile: che cos’è il tartufo? In realtà, nessuna delle opzioni appena citate, anche se il nome scientifico Tuber può facilmente trarre in inganno. Oggi sappiamo che il tartufo è un fungo. Un fungo ipogeo, per la precisione. Vale a dire che compie il suo ciclo vitale completamente sottoterra, scambiando sostanze nutritive in simbiosi con le radici delle piante vicino alle quali si sviluppa. E, dal momento che il tartufo trascorre la propria esistenza nel sottosuolo, non ha necessità di sviluppare la caratteristica forma a ombrello degli altri funghi, né la possibilità di disperdere le proprie spore nell’aria.

Questione di naso

Proprio questa “menomazione” del tartufo (virgolette quanto mai d’obbligo) è stata la fortuna, sua e dei tanti estimatori che può vantare in tutto il mondo. Questo perché, per farsi riconoscere, il tartufo ha dovuto puntare sull’olfatto degli animali cui affida il trasporto delle spore. Ecco, quindi, il perché del sapore e del profumo “di tartufo”, così caratteristici, intensi e in grado di solleticare l’appetito di diverse specie viventi, umani compresi.

Allora, la domanda “Che cos’è il tartufo?” sembra quasi un indovinello. Specie nelle varietà più rugose, sembra un tubero, ma non lo è. Cresce sottoterra, ma non è una radice. È parente molto alla lontana delle muffe ed è un familiare stretto di porcini, chiodini e finferli. E non può essere coltivato, se non in un bosco identico a quelli che lo ospitano in natura perché, senza il supporto delle radici amiche, non cresce. In questo senso, lo spartiacque sulla natura e sulla coltivabilità del tartufo è stato offerto agli studiosi da un convegno a fine anni ’60, ancora oggi considerato una pietra miliare dagli esperti del settore.

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Com’è fatto il tartufo? Anatomia di un’eccellenza

Quanto alle caratteristiche organiche, il tartufo si compone per 4/5 di acqua. La sua parte esterna si chiama peridio: può essere liscio o rugoso (da cui il nome di una specifica varietà) e veder variare il colore dal marrone scuro a un beige chiaro. Da qui deriva la macroclassificazione in tartufi neri e bianchi. La parte interna all’involucro protettivo, che avvolge completamente il corpo fruttifero, si definisce gleba. A seconda della varietà, può assumere sfumature   più o meno chiare ed essere percorsa da venature. Questo per una prima classificazione che dica che cos’è il tartufo. Scendendo nel dettaglio, i tipi principali di tartufo sono:

  • Tuber magnatum, il tartufo bianco;
  • Tuber melanosporum, il tartufo nero pregiato;
  • Tuber uncinatum, il tartufo uncinato.

A queste si possono aggiungere, inoltre, il Tuber aestivum (il tartufo nero estivo, detto anche “scorzone”) e il Tuber borchii, detto anche “bianchetto”.

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La “cerca” va all’università

Per rispondere alla domanda del titolo, il tartufo, quindi, è un fungo, che si presenta in varietà diverse, nasce e vive sottoterra, nei boschi, è raro ed è difficile da raccogliere. Ancora oggi, infatti, la “cerca” si fa prettamente con cani addestrati a riconoscere le sostanze aromatiche volatili rilasciate dai tartufi. Forse non tutti sanno che in Piemonte, a Roddi d’Alba, esiste anche un’università per cani da tartufo, fondata addirittura nel 1880¹.

In passato ci si affidava anche ai maiali. Ciò in virtù di alcune caratteristiche naturali dei suini, in particolare delle femmine: in primis, un ottimo olfatto e l’inclinazione a procurarsi il cibo scavando nella terra. Altrove, la pratica è ancora attuale, mentre in Italia è vietata da una quarantina d’anni² e oggi le diverse legislazioni regionali impediscono l’utilizzo dei maiali da tartufo, ritenuti troppo irruenti e dannosi per il bosco e le tartufaie, oltre che più difficili da addestrare.

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Dove si trovano i tartufi: non è solo un derby Italia-Francia

Una volta stabilito cos’è il tartufo e com’è fatto questo fungo ipogeo, si può ricostruirne l’area di distribuzione. Come approfondito in un precedente articolo, anche qui le sorprese non mancano.

In Europa le terre d’elezione sono Francia e Italia. Nel nostro Paese, le regioni storicamente dedite alla raccolta sono Piemonte, Toscana e Umbria, ma il tartufo cresce anche in Sardegna. Specificamente a Laconi, borgo del Sarcidano conosciuto da molti proprio come “il paese del tartufo”. Questo grazie a un territorio che conserva ancora vaste porzioni di bosco e decine di sorgenti. Ma anche grazie ai cinghiali e ai maiali selvatici che, complice la loro ghiottoneria, hanno contribuito a svelare la presenza dei preziosi funghi ipogei nell’isola.

La geografia dei funghi, però, non si esaurisce in un derby Italia-Francia. A proposito di luoghi insoliti, un parente lontano del Tuber nostrano è arrivato a spingersi fino alle dune del Sahara. Si tratta del Tartufo del deserto, conosciuto anche come “Figlio del lampo” o “Fagaa”. Di colore beige-ocra, prospera dal Nord Africa alla penisola arabica. Leggenda vuole che si sveli quando le rare piogge sulle distese di sabbia risvegliano la natura tutto d’un tratto. Allora, lampi e fulmini aiutano a individuarlo, per la gioia di tutti i buongustai.

 

NOTE
1 Scopri di più: Università dei cani da tartufo

2 In Italia, il quadro normativo attuale sul tartufo è normato dalla: Legge 16 dicembre 1985 n. 752, modificata dalla Legge 17 Maggio 1991 n. 162, che fissa i principi fondamentali cui le Regioni devono attenersi nelle loro specifiche norme di riferimento.

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